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L’IMPORTANZA DI CREARE VALORE (CONDIVISO)

La teoria economica degli shareholder, presentata da M. Friedman nel 1970, afferma che lo scopo di un’impresa è la massimizzazione del profitto degli azionisti: non ci basta

La teoria degli stakeholder, introdotta da R.E. Freeman nel 1984, è più ampia e tiene conto delle istanze di altri soggetti legati all’attività dell’azienda, come ad esempio manager, lavoratori, indotto e così via: non ci basta

L’attività delle aziende può e deve portare alla creazione di valore anche in ambito sociale e dunque senza perseguire solamente il profitto. È il concetto, espresso da M.E. Porter e M.R. Kramer nel 2011, di creazione di valore condiviso, con cui si intende la ricaduta in termini di miglioramento delle condizioni (economiche e) sociali della comunità in cui opera un’impresa. Semplificando, si tratta del concetto di responsabilità sociale d’impresa, ma in una versione “più fatti meno parole” se possiamo dire così. Ci siamo quasi.

Ora però ampliamo la visuale: siamo convinti che creare valore non riguarda solo l’imprenditoria

Crediamo che riguardi ciascuno di noi sia come singoli individui, sia come aggregazioni (lavorative, culturali, sportive, associazionistiche e così via). Una responsabilità sociale che ogni uomo ha in quanto essere umano, in quanto abitante del pianeta, in quanto cittadino. La necessità di generare con le nostre azioni un impatto sociale. Un tempo si sarebbe detto “qualcosa per cui essere ricordati”. 

È lavorare assieme perché “uno più uno” sia “maggiore di due”: in altre parole perché insieme si vada oltre alle due unicità, si crei “qualcosa” che da soli non si sarebbe mai ottenuto. Questo “qualcosa” è un risultato che può essere inteso in vari modi, ma il concetto prevalente dovrebbe essere quello del profitto (nell’ampio e originario significato di beneficio) unito al benessere (inteso come stare bene, migliorare la propria condizione e quella degli altri). 

Belle parole (speriamo:-) ma in pratica? Crediamo si tratti di un “crescendo” di intenti condivisi in cui da entrambe le parti si cerca di: (1) conoscere a fondo la storia dell’altro interlocutore, le sue peculiarità, i suoi talenti, le sue connessioni e relazioni; (2) comprendere la realtà in cui opera e identificare eventuali punti di incontro, se non già di reciproco completamento, unendo ai suoi i nostri talenti, le nostre connessioni e relazioni; (3) immedesimarsi facendosi guidare in maniera da arrivare a guardare la realtà con gli occhi dell’altro interlocutore; (4) impegnarsi da subito affinché ogni passo fatto assieme sia win-win, o almeno punti ad esserlo, portando benefici chiari per entrambi gli interlocutori; (5) fidarsi, senza troppa paura di “scottarsi”: non tutto va sempre bene al 100%, ma l’opportunità di creare valore e di migliorare è troppo importante per tirarsi indietro a priori e non rischiare.

È evidente che entrano in gioco varie competenze (saper fare) e abilità (sapere quando farlo) e che si tratta perlopiù di competenze trasversali, le cosiddette soft skill, di cui parliamo qui.

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